Contro l’interattività
Poniamo per un momento di non essere un grande amante dei videogiochi, di non aver avuto alcuna esperienza pregressa di cinema interattivo, di ignorare il genere librogame e la filosofia “scegli la tua avventura”, di non provare alcuna nostalgia per i pop anni ottanta. Ebbene, rispetto a Black Mirror: Bandersnatch, il nuovo film interattivo di Netflix, un atteggiamento di resistenza – molti lo troveranno conservatore o reazionario – sarebbe quantomeno fisiologico. Solo per oggi rivendico la mia natura di spettatore vecchio stampo: non ho alcuna voglia di scegliere da che parte far andare il film reagendo alle biforcazioni che mi vengono proposte. Con dolo e radicalità, non per disattenzione o pigrizia, scelgo di non scegliere e lasciare che il film si dispieghi a prescindere dalla mia presenza (faccio come se non ci fossi: se ne accorgerà Netflix? Certamente). Se anche non interagisco infatti il flusso non si interrompe e dopo dieci secondi una delle due strade viene comunque intrapresa (prima mi chiede indicazioni, poi fa come gli pare…). Quali sarebbero i motivi che giustificano un tale atteggiamento di chiusura e scetticismo, contro l’entusiasmo interattivista che ha invece subito attizzato le fantasie post-testualiste di ampie fasce di pubblico e critica? Provo a sviscerarne alcuni sulla base di una fenomenologia. E da dietro la Rete di sicurezza aspetto già il lancio di ortaggi e bottiglie…
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