Sensibilità ecologica / Ecological Sensitivity / Sensibilité écologique

14 Jan , 2022 Call for papers,Ecology

Sensibilità ecologica / Ecological Sensitivity / Sensibilité écologique

Sensibilità ecologica. Tecno-estetiche mediali della crisi ambientale

A cura di Adriano D’Aloia (Università degli Studi di Bergamo) e Jacopo Rasmi (Université Jean Monnet – Saint Etienne)

CALL FOR PAPERS
N. 28/2022
Scadenza: 20 marzo 2022

Presente nel dibattito pubblico da diversi decenni, il tema della crisi ambientale è riemerso con forza a partire dal 2015, anno del varo dell’Agenda 2030 contenente gli obiettivi di sviluppo sostenibile (tra cui la preservazione di tutte le forme di vita, il contrasto al riscaldamento globale e la produzione di energia pulita e rinnovabile), della pubblicazione dell’enciclica papale Laudato si’ sull’“ecologia integrale” e della stipula degli accordi di Parigi sul cambiamento climatico. Negli anni successivi le tematiche ambientali sono progressivamente penetrate in profondità anche nel terreno della ricerca scientifica, sospinte tanto da finanziamenti istituzionali (come i progetti europei Horizon, NextGeneration EU ecc.) quanto, più in generale, dalla consapevolezza della loro rilevanza culturale e del loro impatto sociale.

In virtù della progressiva mediatizzazione delle dinamiche sociali, la prospettiva originaria dell’“ecologia dei media”, che proponeva di concepire e studiare i media come ambienti di vita (Postman 1979), acquista oggi una valenza più letterale. I media non sono semplicemente un elemento del sistema antropico, ma strutture talmente innervate nei processi e nelle pratiche della vita quotidiana da poterne esser considerati delle intra-strutture (Barad 2019) ambientali. In tal senso, oggi il rapporto tra le società umane e gli ambienti è modulato in modo decisivo e costitutivo dalle tecnologie mediali e non può che essere indagato attraverso un approccio sistemico. Alla luce di questo intreccio tra tecnologie mediali, soggettività collettive ed ecosistemi viventi, l’epoca della crisi ecologica – spesso nominata “Antropocene” – deve essere concepita e interrogata a partire dai regimi di mediazione che la tramano e dai loro presupposti tecnici e politici (Guattari 1989), oltre che “geologici” (Parikka 2015). 

A partire dagli anni ’90, l’attenzione degli studi sui media per i temi ambientali ha attraversato diverse fasi, nutrite dall’approccio ecocritico, proveniente dalla letteratura ma applicato anche al cinema (Rust, Monani & Cubitt 2012) e ai media (Cubitt 2005; Rust, Monani & Cubitt 2015) all’incrocio tra environmental studies e postumanesimo. Gli studi ecomediali si sono spesso concentrati da un lato sulla rappresentazione tematica delle problematiche ambientali (allo scopo di aumentarne la consapevolezza), dall’altro sull’impatto ambientale della produzione mediale (allo scopo di renderla più “sostenibile”). Allargando la riflessione, proponiamo di riflettere non esclusivamente sui modi in cui i media pongono il tema dell’ecologia ambientale, ma piuttosto sui vari modi in cui l’ecologia ambientale si radica nella mediazione tecnologica (e dunque la mediatizzazione sociale) implicando aggiornamenti collettivi dei paradigmi percettivi, dell’attenzione (Citton 2014) e delle forme di conoscenza. In particolare intendiamo indagare le condizioni di sensibilità implicate nel nesso società-tecnologia-ambiente, posto in tensione dagli interrogativi della questione ecologica contemporanea.

Il tema della sensibilità tecnica (in quanto produzione e divenire: ovvero sensibilizzazione) e più in generale della costitutività mediale degli ambienti vitali nell’Antropocene sovrappone e incrocia una varietà di campi e discipline: dalla teoria artistica alla biologia, dall’antropologia alla neurologia. In ambito estetologico è stata rivendicata la specificità umana dell’estensione della sensibilità attraverso artefatti inorganici in quanto elemento costitutivo dell’immaginazione e della creatività (Montani 2007; 2014), mentre altre prospettive nell’ambito della filosofia della tecnica sostengono un superamento dell’antropocentrismo e sottolineano che l’azione umana si svolge in una rete abitata anche da “attori non-umani” (Latour 2005). I media costituiscono in effetti ambienti estetici o “ambienti associati” (Simondon 1964) in cui sensibilità, tecnica e natura si compenetrano. Anche nelle scienze cognitive, la svolta “incarnata” ha dato vita a una prospettiva – quella enattiva –, che sottolinea proprio come la cognizione emerga dall’interazione sensorimotoria tra agente e ambiente (Maturana & Varela 1980; Varela, Thompson & Rosch 1991). Applicata al campo dei media, questo paradigma attribuisce alle tecnologie un ruolo centrale negli ecosistemi sociali contemporanei. La loro evoluzione risponde alle incessanti riconfigurazioni del rapporto tra l’essere umano e l’ambiente biologico, psicologico, sociale e culturale, con effetti di retroazione per i quali il divenire umano è costitutivamente determinato dall’influenza dei dispositivi tecnologici (McLuhan 1964). 

Pur nella diversità delle genealogie concettuali e degli ambiti teorici di riferimento, questi apporti – tra i molteplici possibili – convergono nell’optare per una concezione ecologica di esperienza e nell’offrire utili basi per una riflessione sul rapporto tra ecologia mediale ed ecologia ambientale. Su questo fronte specifico si sono affacciate problematizzazioni interessanti, come il concetto di “iperoggetto” (Morton 2018) sviluppato nell’ambito di una ontologia orientata agli oggetti post-antropocentrica (Harman 2018). In quanto entità di dimensioni spaziali o temporali talmente estese e complesse da non poter essere percepite direttamente, gli iperoggetti – come il riscaldamento globale o una pandemia –, sono entità talmente prossime e pervasive da essere tendenzialmente invisibili e inavvertibili. Proprio la percepibilità sfuggente di tali fenomeni rende complicato (o persino sconveniente) ogni tentativo di piena comprensione e ogni reazione diretta, dando talvolta adito a teorie negazioniste o persino complottiste (Wu Ming 1 2021). Ciò che non si avverte o che si reprime per via di negazione, non fa immediatamente paura (almeno fino a che non si affaccia minacciosamente sopra le nostre teste, come la cometa del recente film Don’t look up…di Adam McKay). Al contempo una gamma vasta e sofisticata di sistemi tecnici di rilevazione, calcolo e rappresentazione fabbrica quotidianamente la percezione scientifica e mediatica di tali realtà ambientali furtive, diffuse e potenzialmente rischiose. È a questo livello – quello dei sensori, dei calcolatori, del trattamento e della restituzione dei dati (Gabrys 2016) – che si concretizza la delega e sostituzione sensoriale della percezione umana da parte dei media tecnologici, in un dispiegamento di apparecchiature di captazione e proiezione totalmente non-umane orientate verso processi ambientali altrettanto più-che-umani (Bratton 2019). Ne derivano una modellizzazione e un design dei dati che elaborano e traducono algoritmicamente l’insensibile in una varietà di output informativi volti, nelle migliori intenzioni (ma spesso senza reale efficacia), a ripristinare la sensibilità allo scopo di sensibilizzare razionalmente i destinatari. 

In che modo i media provocano, sollecitano e modulano la sensibilità alle questioni ambientali? La loro azione non rischia di produrre proposte inefficaci o controproducenti (ovvero di desensibilizzazione e perdita di agentività)? Si pensi all’uso della realtà virtuale come forma di presa di coscienza attraverso un’esperienza immersiva e diretta: il potenziamento del senso di presenza può aiutare a raggiungere una maggiore consapevolezza dei temi ambientali, ma tale guadagno non porta automaticamente ad azioni individuali o sociali che riescano effettivamente a contrastare il cambiamento climatico. In che misura le forme visive di modellizzazione e comunicazione delle informazioni ambientali agiscono sulla soglia di percepibilità dei problemi ecologici e permettono una presa affettiva capace di evitare la minaccia del “collasso” (Citton & Rasmi 2020) trasformando comportamenti nocivi per il pianeta? 

Questo numero della rivista Elephant & Castle. Laboratorio dell’immaginario invita studiose e studiosi a proporre contributi inediti e originali che pongano al centro della riflessione le tensioni problematiche fra immediatezza e riflessività, tra empatia e razionalità, tra agentività umana e agentività tecnica che insorgono nell’ampio ambito della cultura visuale contemporanea rispetto al tema dell’ecologia ambientale, con particolare riferimento alle questioni e alle forme con cui i media modulano il rapporto tra organismi viventi e ambiente. 

Di seguito un elenco (non esclusivo) dei temi che è possibile affrontare: 

– Analisi di ambienti sociali e naturali innervati e modulati da media, ovvero tecniche di percezione e rappresentazione 
– Operazioni artistiche che interrogano e innestano gli ambienti tecnici che abitiamo e la loro relazione a questioni ecologiche 
– Effetti di desensibilizzazione contraddittori prodotti dell’esposizione mediatica delle questioni ambientali 
– Affetti e attenzioni ecologiche provocati o inibiti dalle mediazioni estetiche 
– Relazioni tra ecosistemi mediatici e negazionismo/cospirazionismo a sfondo ecologico 
– Raffigurazione e modellizzazione di fenomeni (o “iperoggetti”) ambientali immediatamente impercepibili: tra design, arte e scienze dure 
– Articolazione e interazione tra ambienti mediali e altri ambienti (sociali, tecnici, naturali…) alla luce della crisi ecologica 
– Antropologie della tecnica e della sensibilità mediata, in chiave ecologica 
– Regimi ecologici e politici dell’attenzione sociale 
– Strategie creative e scientifiche di mappatura e schematizzazione di fenomeni ambientali e iper-oggettuali 
– Esplorazione e critica del divenire-ambientale delle apparecchiature mediali 
– Immaginari fantascientifici delle tecno-estetica ecologica 

Le proposte, in italiano, inglese o francese, dovranno pervenire agli indirizzi adriano.daloia@unibg.it e jacopo.rasmi@univ-st-etienne.fr entro e non oltre il 20 marzo 2022 e dovranno contenere un abstract del contributo (massimo 5000 battute, spazi inclusi), cinque parole-chiave, la bibliografia di riferimento e una breve biografia del proponente (massimo 700 battute). 

Una volta ricevuta conferma di accettazione dell’abstract da parte dei curatori (entro l’8 aprile 2022), si potra` procedere con la stesura e l’invio del testo, il quale potrà essere redatto in italiano, inglese o francese e non dovra` superare le 15-20 cartelle (30.000-40.000 battute, note e spazi inclusi). I contributi, corredati di immagini e uniformati alle norme redazionali della rivista, dovranno pervenire agli indirizzi di posta elettronica sopra indicati entro il 31 agosto 2022, avendo cura di specificare nel corpo dell’e-mail di accompagnamento il titolo del testo, il nome e cognome del proponente. Ogni contributo sara` sottoposto a procedura di double-blind peer review e la pubblicazione del numero è prevista per il mese di dicembre 2022.

Bibliografia di riferimento
Barad Karen (2019), Meeting the Universe Halfway. Quantum Physics and the Entanglement of Matter and Meaning, Durham, Duke University Press. 
Bratton Benjamin (2019), Terraformation 2019, Mosca, Strelka. 
Citton Yves (2014), Pour une écologie de l’attention, Paris, Seuil. 
Citton Yves & Jacopo Rasmi (2020), Générations Collapsonautes. Naviguer par temps d’effondrements, Paris, Seuil. 
Cubitt Sean (2005), Eco Media, Amsterdam-New York, Rodopi. 
Gabrys Jennifer (2016), Program Earth. Environmental Sensing Technology and the Making of a Computational Planet, Minneapolis, Minnesota University Press. 
Guattari Felix (1989), Les trois écologies, Paris, Galilée. 
Harman Graham (2018), Object-Oriented Ontology: A New Theory of Everything, London, Penguin Books Limited. 
Latour Bruno (2005), Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory, Oxford, Oxford University Press. 
Maturana Humberto & Francisco J. Varela (1980), Autopoiesis and Cognition: The Realization of the Living, Dordrecht-Boston-London, D. Reidel.
McLuhan Marshall (1964), Understanding Media: The Extensions of Man, New York, McGraw-Hill. 
Montani Pietro (2007), Bioestetica. Senso comune, tecnica e arte nell’età della globalizzazione, Roma, Carocci. 
Montani Pietro (2014), Tecnologie della sensibilità. Estetica e immaginazione interattiva, Milano, Raffaello Cortina. 
Morton Timoty (2018), Hyperobjets. Philosophie et écologie après la fin du monde, Saint Étienne, Cité du design. 
Parikka Jussi (2015), A Geology of Media, Minneapolis, University of Minnesota Press. 
Postman Neil (1979), Teaching as a Conservative Activity, New York, Delacorte Press. 
Rust Stephen, Salma Monani & Sean Cubitt (eds.) (2012), Ecocinema Theory and Practice, London, Routledge. 
Rust Stephen, Salma Monani & Sean Cubitt (eds.) (2015), Ecomedia: Key Issues, London, Routledge. 
Simondon Gilbert (1964), L’individu et sa genèse physico-biologique, Paris, Presses Universitaires de France. 
Varela Francisco J., Evan Thompson & Eleanor Rosch (1991), The Embodied Mind: Cognitive Science and Human Experience, Cambridge (MA), The MIT Press. 
Wu Ming 1 (2021), La Q di Qomplotto. Come le fantasie di complotto difendono il sistema, Roma, Alegre.

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Ecological Sensitivity. Media Techno-Aesthetics of Environmental Crisis

Edited by Adriano D’Aloia (Università degli Studi di Bergamo) and Jacopo Rasmi (Université Jean Monnet – Saint Etienne)

CALL FOR PAPERS
No. 28/2022
Deadline: March 20, 2022

The theme of environmental crisis has been present in the public debate for several decades, and forcefully resurfaced in 2015 when the 2030 Agenda containing the goals of sustainable development was launched, including the preservation of all forms of life, the struggle against global warming and the production of clean and renewable energy. In the same year, the publication of the papal encyclical Laudato si’ on “integral ecology” and the conclusion of the Paris agreements on climate change also prompted debate on this theme. Throughout the years, environmental issues have progressively permeated the realm of scientific research as well. This has been supported both by institutional funding (allocated, for example, by European Projects such as Horizon or Next Generation EU, etc.) and, more generally, by the awareness of their cultural relevance and social impact. 

The original perspective of “media ecology”, which proposed to conceive and study media as living environments (Postman 1979) now takes on a more literal value in virtue of the progressive mediatisation of social dynamics. The media are no more simply an element of the anthropic system, but they become structures so ingrained in the processes and practices of everyday life that they can be considered as environmental intra-structures (Barad 2019). In this sense, the relationship between human societies and environments is decisively and constitutively modulated by media technologies and can only be investigated through a systemic approach. In view of this intertwining of media technologies, collective subjectivities, living ecosystems and the current epoch of ecological crisis – often referred to as the “Anthropocene” – must be conceived and interrogated through the mediating regimes that plot them and their technical and political assumptions (Guattari 1989), as well as through their “geological” ones (Parikka 2015). 

Since the 1990s, the focus of media studies on environmental issues has gone through several phases, nurtured by the ecocritical approach. This point of view originated from literature, but has also been applied to cinema studies (Rust, Monani & Cubitt 2012) and media studies (Cubitt 2005; Rust, Monani & Cubitt 2015) and falls into the intersection of environmental studies and posthumanism. Ecomedia studies have focused either on the thematic representation of environmental issues (in order to raise awareness), or on the environmental impact of media production (in order to make it more sustainable). To widen this prospective, we propose to reflect not exclusively on the ways in which media present the issue of environmental ecology, but rather on the various ways in which environmental ecology is rooted in technological mediation (and thus in social mediatisation). This will imply collective updates of paradigms of perception, of attention (Citton 2014) and of forms of knowledge. In particular, we intend to investigate the conditions of sensitivity implicated in the society-technology-environment nexus, strained by the questions posed by the contemporary ecological issues. 

The topic of technical sensitivity (as production and becoming “sensitisation”) and more generally of the medial constitution of living environments in the Anthropocene, overlaps and crosses a variety of fields and disciplines: from aesthetics to biology, from anthropology to neurology. In the field of aesthetics, the human specificity of the extension of sensitivity through inorganic artefacts has been claimed as a constitutive element of imagination and creativity (Montani 2007; 2014). Other perspectives, bound to the philosophy of technology, aim to overcome the anthropocentrism and underline that human action takes place in a network inhabited also by “non-human actors” (Latour 2005). Indeed, the media constitute aesthetic environments or “associated environments” (Simondon 1964) in which sensitivity, technology and nature interpenetrate each other. In the field of cognitive sciences too, the “embodied” turn has given rise to an “enactive” perspective, which emphasises precisely how cognition emerges from the sensorimotor interaction between agent and environment (Maturana & Varela 1980; Varela, Thompson & Rosch 1991). When applied to media studies, this paradigm gives technologies a central role in contemporary social ecosystems. Their evolution responds to the incessant reconfigurations of the relationship between human being and the biological, psychological, social and cultural environment, with feedback effects whereby human becoming is constitutively determined by the influence of technological apparatuses (McLuhan 1964). 

Despite the diversity of conceptual genealogies and theoretical fields of reference, these contributions – among the many possible – converge in opting for an ecological conception of experience and offer a useful basis for a reflection on the relationship between media ecology and environmental ecology. Interesting problematisations have appeared on this specific front, such as the concept of “hyperobject” (Morton 2018) developed within the framework of a post-anthropocentric object-oriented ontology (Harman 2018). Since these are entities of such extensive and complex spatial or temporal dimensions that they cannot be perceived directly, hyperobjects – such as global warming or a pandemic – are entities so proximate and pervasive that they tend to be invisible and unnoticeable. It is precisely the elusive perceptibility of such phenomena that complicates (and even makes inconvenient) any attempt to fully understanding them and reacting directly. Sometimes this gives rise to negationism or even to conspiracy theories (Wu Ming 1 2021). What we are not aware of – or what we repress through denial – cannot immediately frighten us (at least until it appears threateningly over our heads, like the comet in Adam McKay’s recent film Don’t Look Up…). At the same time, a vast and sophisticated range of technical systems of detection, calculation and representation fabricate daily scientific and media perceptions of such stealthy, diffuse and potentially dangerous environmental realities. It is at this level – that of sensors, computers, data processing and rendering (Gabrys 2016) – that the sensory delegation and replacement of human perception by technological media takes place, in a deployment of totally non-human capture and projection equipment oriented towards equally more-than-human environmental processes (Bratton 2019). The result of these processes is a modelling and a data design that algorithmically elaborates and translates the insensitive into a variety of informational outputs. These aim, with the best of intentions – but often without real efficacy – at restoring sensitivity in order to raise public awareness. 

How do media provoke, solicit and modulate sensitivity to environmental issues? Does their action risk producing ineffective or counterproductive proposals (desensitisation and loss of agency, for instance)? For example, the enhancement of the sense of presence perceived using virtual reality as a form of sensitization through an immersive and direct experience, may help to achieve a greater awareness of environmental issues. This gain, however, does not automatically lead to individual or social actions that actually succeed in combating climate change. To what extent do visual forms of modelling and communication of environmental information act on the perception of ecological problems? Are they able to promote an affective condition capable of avoiding the threat of “collapse” (Citton & Rasmi 2020) by transforming behaviours harmful for the planet? 

This issue of Elephant & Castle. Laboratorio dell’immaginario invites scholars to propose original contributions that focus on the problematic tensions between immediacy and reflexivity, between empathy and rationality, between human and technical agency that arise in the broad field of contemporary visual culture with respect to environmental ecology. We invite to do this with particular reference to the questions and forms by which the media modulate the relationship between living organisms and the environment. 

Below is a (non exhaustive) list of topics that may be addressed: 

– Analysis of social and natural environments innervated and modulated by media (or techniques of perception and representation) 
– Artistic operations that question and graft onto the technical environments we inhabit and onto their relation to ecological issues 
– Contradictory desensitisation effects produced by media exposure of environmental issues 
– Ecological affects and awareness provoked or inhibited by aesthetic mediations 
– Relationships between media ecosystems and ecological denialism/conspiracy 
– Representation and modelling of immediately imperceptible environmental phenomena (or “hyperobjects”) between design, art and hard sciences 
– Articulation and interaction between media environments and other environments (social, technical, natural…) in the light of the ecological crisis 
– Anthropologies of technology and mediated sensitivity in an ecological key 
– Ecological and political regimes of social awareness 
– Creative and scientific strategies of mapping and schematising environmental and hyper-objectual phenomena 
– Exploration and critique of the environmental becoming of media devices 
– Science fiction imaginaries of ecological techno-aesthetics 

Proposals are to be sent to adriano.daloia@unibg.it and jacopo.rasmi@univ-st-etienne.fr by March 20, 2022 at the latest, and must contain an abstract of the contribution (max. 5 000 characters, spaces included), a provisional title, five keywords, a reference bibliography, and a short biographical note of the author (max. 700 characters). 

The communication of the selected proposals will take place by the end of April 8, 2022. The submitted article may be in Italian, English, or French, and must contain a maximum of 30,000-40,000 characters, including notes and spaces. The contributions, accompanied by images and conforming to the editorial standards of the journal, are expected by August 31, 2022. Each article will be submitted to a double-blind peer review and the publication of the issue is planned for December 2022. 

References 
Barad Karen (2019), Meeting the Universe Halfway. Quantum Physics and the Entanglement of Matter and Meaning, Durham, Duke University Press. 
Bratton Benjamin (2019), Terraformation 2019, Mosca, Strelka. 
Citton Yves (2014), Pour une écologie de l’attention, Paris, Seuil. 
Citton Yves & Jacopo Rasmi (2020), Générations Collapsonautes. Naviguer par temps d’effondrements, Paris, Seuil. 
Cubitt Sean (2005), Eco Media, Amsterdam-New York, Rodopi. 
Gabrys Jennifer (2016), Program Earth. Environmental Sensing Technology and the Making of a Computational Planet, Minneapolis, Minnesota University Press. 
Guattari Felix (1989), Les trois écologies, Paris, Galilée. 
Harman Graham (2018), Object-Oriented Ontology: A New Theory of Everything, London, Penguin Books Limited. 
Latour Bruno (2005), Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory, Oxford, Oxford University Press. 
Maturana Humberto & Francisco J. Varela (1980), Autopoiesis and Cognition: The Realization of the Living, Dordrecht-Boston-London, D. Reidel.
McLuhan Marshall (1964), Understanding Media: The Extensions of Man, New York, McGraw-Hill. 
Montani Pietro (2007), Bioestetica. Senso comune, tecnica e arte nell’età della globalizzazione, Roma, Carocci. 
Montani Pietro (2014), Tecnologie della sensibilità. Estetica e immaginazione interattiva, Milano, Raffaello Cortina. 
Morton Timoty (2018), Hyperobjets. Philosophie et écologie après la fin du monde, Saint Étienne, Cité du design. 
Parikka Jussi (2015), A Geology of Media, Minneapolis, University of Minnesota Press. 
Postman Neil (1979), Teaching as a Conservative Activity, New York, Delacorte Press. 
Rust Stephen, Salma Monani & Sean Cubitt (eds.) (2012), Ecocinema Theory and Practice, London, Routledge. 
Rust Stephen, Salma Monani & Sean Cubitt (eds.) (2015), Ecomedia: Key Issues, London, Routledge. 
Simondon Gilbert (1964), L’individu et sa genèse physico-biologique, Paris, Presses Universitaires de France. 
Varela Francisco J., Evan Thompson & Eleanor Rosch (1991), The Embodied Mind: Cognitive Science and Human Experience, Cambridge (MA), The MIT Press. 
Wu Ming 1 (2021), La Q di Qomplotto. Come le fantasie di complotto difendono il sistema, Roma, Alegre.

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Sensibilité écologique. Techno-esthétiques médiales de la crise environnementale

Sous la direction d’Adriano D’Aloia (Università degli Studi di Bergamo) et Jacopo Rasmi (Université Jean Monnet – Saint Etienne)

APPEL À CONTRIBUTION
No. 28/2022
Date limite: 20 mars 2022

Présente dans le débat public depuis plusieurs décennies, la question de la crise environnementale a significativement refait surface depuis 2015, année du lancement de l’Agenda 2030 contenant les objectifs du développement durable (dont la préservation de toutes les formes de vie, la lutte contre le réchauffement climatique et la production d’énergies propres et renouvelables), de la publication de l’encyclique papale Laudato si’ sur ” l’écologie intégrale ” et de la conclusion des accords de Paris sur le changement climatique. Dans les dernières années, les intérrogations environnementales ont progressivement pénétré en profondeur dans le domaine de la recherche scientifique, grâce à des financements institutionnels (tels que les projets européens Horizon et NextGeneration EU, etc.) et, plus généralement, à la prise de conscience de leur pertinence culturelle et de leur impact social. 

En vertu de la médiatisation progressive des dynamiques sociales, la perspective originale de l'”écologie des médias”, qui proposait de concevoir et d’étudier les médias comme des environnements vivants (Postman 1979), acquiert désormais une valeur plus littérale. Les médias ne sont pas simplement un élément du système anthropique, mais des structures tellement ancrées dans les processus et pratiques de la vie quotidienne qu’elles peuvent être considérées comme des intra-structuresenvironnementales (Barad 2019). En ce sens, la relation entre les sociétés humaines et les environnements est aujourd’hui modulée de manière décisive et constitutive par les technologies des médias et ne peut être étudiée que par une approche systémique. À la lumière de cette imbrication des technologies médiatiques, des subjectivités collectives et des écosystèmes vivants, l’époque de la crise écologique – souvent appelée ” Anthropocène ” – doit être conçue et interrogée à partir des régimes médiatiques qui la façonnent et de leurs présupposés techniques et politiques (Guattari 1989), mais aussi ” géologiques ” (Parikka 2015). 

Depuis les années 1990, l’intérêt des études sur les media pour les questions environnementales a connu plusieurs phases, nourries par l’approche écocritique, issue de la littérature mais également appliquée au cinéma (Rust, Monani & Cubitt 2012) et aux médias (Cubitt 2005 ; Rust, Monani & Cubitt 2015) à l’intersection des études environnementales et du posthumanisme. Les approches écomédiales se sont souvent concentrées, d’une part, sur la représentation thématique des questions environnementales (dans un but de sensibilisation) et, d’autre part, sur l’impact environnemental de la production médiatique (afin de la rendre plus “durable”). Élargissant la réflexion, nous proposons de s’intéresser non pas exclusivement aux manières dont les media posent la question de l’écologie environnementale, mais plutôt aux différentes manières dont l’écologie environnementale s’enracine dans la médiation technologique (et donc la médiatisation sociale) impliquant des mises à jour collectives des paradigmes perceptifs et attentionnels (Citton 2014), ainsi que des formes de connaissance. En particulier, nous entendons étudier les conditions de sensibilité impliquées dans le lien société-technologie-environnement, mises en tension par les interrogations de la question écologique contemporaine. 

Le thème de la sensibilité technique (en tant que production et devenir : c’est-à-dire sensibilisation) et plus généralement de la constitutivité médiale des milieux de vie dans l’Anthropocène recoupe et traverse une variété de domaines et de disciplines : de la théorie artistique à la biologie, de l’anthropologie à la neurologie. Dans le domaine de l’esthétique, la spécificité humaine de l’extension de la sensibilité à travers des artefacts inorganiques a été revendiquée comme un élément constitutif de l’imagination et de la créativité (Montani 2007 ; 2014), tandis que d’autres perspectives dans le domaine de la philosophie de la technologie plaident pour un dépassement de l’anthropocentrisme et soulignent que l’action humaine se déroule dans un réseau habité également par des ” acteurs non humains ” (Latour 2005). En effet, les médias constituent des environnements esthétiques ou “environnements associés” (Simondon 1964) dans lesquels la sensibilité, la technologie et la nature s’interpénètrent. Dans les sciences cognitives également, le tournant “incarné” a donné lieu à une perspective – la perspective « énactive » – qui souligne précisément comment la cognition émerge de l’interaction sensorimotrice entre l’agent et l’environnement (Maturana & Varela 1980 ; Varela, Thompson & Rosch 1991). Appliqué au domaine des médias, ce paradigme confère aux technologies un rôle central dans les écosystèmes sociaux contemporains. Leur évolution répond aux reconfigurations incessantes de la relation entre l’être humain et l’environnement biologique, psychologique, social et culturel, avec des effets de rétroaction par lesquels le devenir humain est constitutivement déterminé par l’influence des dispositifs technologiques (McLuhan 1964).

Malgré la diversité des généalogies conceptuelles et des champs de référence théoriques, ces contributions – parmi les nombreuses possibles – convergent autour d’une conception écologique de l’expérience et pour offrir des bases utiles à une réflexion sur la relation entre écologie des médias et écologie environnementale. Des problématisations intéressantes sont apparues sur ce front spécifique, comme le concept d'”hyperobjet” (Morton 2018) développé dans le cadre d’une ontologie orientée objet post-anthropocentrique (Harman 2018). En tant qu’entités dont les dimensions spatiales ou temporelles sont si étendues et complexes qu’elles ne peuvent être perçues directement, les hyperobjets – tels que le réchauffement climatique ou une pandémie – sont des entités si proches et omniprésentes qu’elles tendent à être invisibles et inaperçues. C’est précisément la perceptibilité insaisissable de tels phénomènes qui rend toute tentative de compréhension complète et de réaction directe compliquée (voire incommode), donnant parfois lieu à des théories négationnistes ou même conspirationnistes (Wu Ming 1 2021). Ce qui n’est pas ressenti ou réprimé par le déni n’est pas immédiatement effrayant (du moins jusqu’à ce qu’il apparaisse de manière menaçante au-dessus de nos têtes, comme la comète dans le récent film d’Adam McKay, Don’t look up…). En même temps, une gamme vaste et sophistiquée de systèmes techniques de détection, de calcul et de représentation fabrique quotidiennement la perception scientifique et médiatique de ces réalités environnementales furtives, diffuses et potentiellement risquées. C’est à ce niveau – celui des capteurs, des ordinateurs, du traitement et de la représentation des données (Gabrys 2016) – que s’opèrent la délégation sensorielle et le remplacement de la perception humaine par des médias technologiques, dans un déploiement d’équipements de captation et de projection totalement non-humains orientés vers des processus environnementaux tout aussi plus-qu’humains (Bratton 2019). Le résultat est une modélisation et une conception des données qui traitent et traduisent de manière algorithmique l’insensible en une variété de sorties informationnelles visant, dans les meilleures intentions (mais souvent sans réelle efficacité), à restaurer la sensibilité afin de sensibiliser rationnellement les destinataires. 

Comment les médias provoquent-ils, sollicitent-ils et modulent-ils la sensibilité aux questions environnementales ? Leur action ne risque-t-elle pas de produire des propositions inefficaces ou contre-productives (c’est-à-dire une désensibilisation et une perte d’agentivité) ? Considérez l’utilisation de la réalité virtuelle comme une forme de sensibilisation par le biais d’une expérience immersive et directe : l’amélioration du sentiment de présence peut contribuer à une plus grande sensibilisation aux questions environnementales, mais ce gain ne conduit pas automatiquement à des actions individuelles ou sociales qui réussissent réellement à lutter contre le changement climatique. Dans quelle mesure les formes visuelles de modélisation et de communication des informations environnementales agissent-elles sur le seuil de perceptibilité des problèmes écologiques et permettent-elles une saisie affective capable d’éviter la menace d'” effondrement ” (Citton & Rasmi 2020) en transformant les comportements nocifs pour la planète ? 

Ce numéro d’Elephant & Castle. Le Laboratorio dell’immaginario invite les chercheuses et les chercheurs à proposer des contributions originales consacrées aux tensions problématiques entre l’immédiateté et la réflexivité, entre l’empathie et la rationalité, entre l’agentivité humaine et technique, qui apparaissent dans le vaste champ de la culture visuelle contemporaine en ce qui concerne le thème de l’écologie environnementale, avec une référence particulière aux questions et aux formes avec lesquelles les médias modulent la relation entre les organismes vivants et l’environnement. 

Vous trouverez ci-dessous une liste (non exclusive) des thèmes qui peuvent être abordés :

– Analyse des environnements sociaux et naturels innervés et modulés par les media, c’est-à-dire les techniques de perception et de représentation
– Des opérations artistiques qui interrogent et greffent les environnements techniques que nous habitons et leur rapport aux questions écologiques 
– Effets contradictoires de désensibilisation produits par l’exposition médiatique des questions environnementales 
– Affects et attentions écologiques provoqués ou inhibés par les médiations esthétiques 
– Relations entre les écosystèmes médiatiques et le négationnisme/conspirationnisme écologique 
– Représentation et modélisation de phénomènes environnementaux immédiatement imperceptibles (ou “hyperobjets”) : entre design, art et sciences dures 
– Articulation et interaction entre les environnements médiatiques et les autres environnements (sociaux, techniques, naturels…) à la lumière de la crise écologique 
– Anthropologies de la technologie et de la sensibilité médiate dans une clé écologique 
– Régimes écologiques et politiques de l’attention sociale 
– Stratégies créatives et scientifiques de cartographie et de schématisation des phénomènes environnementaux 
– Exploration et critique du devenir environnemental des dispositifs médiatiques 
– Imaginaires science-fictionnels de la techno-esthétique écologique 

Les propositions de contributions, en italien, français ou en anglais, sont à envoyer à adriano.daloia@unibg.it et jacopo.rasmi@univ-st-etienne.fr avant le 20 mars 2022 et doivent contenir un résumé de la contribution (maximum 5000 caractères, espaces comprises), cinq mots clés, la bibliographie de référence et une brève biographie du proposant (maximum 700 caractères). 

Communication des propositions retenues: 8 avril 2022. Le texte de l’article pourra être rédigé en italien, en français ou en anglais et ne devra pas dépasser 15-20 pages (30 000-40 000 caractères, notes et espaces comprises). Les contributions, accompagnées d’images et conformes aux règles éditoriales de la revue, devront être envoyées aux adresses électroniques susmentionnées avant le 31 août 2022, en prenant soin de préciser dans le corps du courriel d’accompagnement le titre du texte et les nom et prénom du contributeur. Chaque contribution sera soumise à une double évaluation externe et anonyme par les pairs et la publication du numéro est prévue pour le mois de décembre 2022. 

Références bibliographique 
Barad Karen (2019), Meeting the Universe Halfway. Quantum Physics and the Entanglement of Matter and Meaning, Durham, Duke University Press. 
Bratton Benjamin (2019), Terraformation 2019, Mosca, Strelka. 
Citton Yves (2014), Pour une écologie de l’attention, Paris, Seuil. 
Citton Yves & Jacopo Rasmi (2020), Générations Collapsonautes. Naviguer par temps d’effondrements, Paris, Seuil. 
Cubitt Sean (2005), Eco Media, Amsterdam-New York, Rodopi. 
Gabrys Jennifer (2016), Program Earth. Environmental Sensing Technology and the Making of a Computational Planet, Minneapolis, Minnesota University Press. 
Guattari Felix (1989), Les trois écologies, Paris, Galilée. 
Harman Graham (2018), Object-Oriented Ontology: A New Theory of Everything, London, Penguin Books Limited. 
Latour Bruno (2005), Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory, Oxford, Oxford University Press. 
Maturana Humberto & Francisco J. Varela (1980), Autopoiesis and Cognition: The Realization of the Living, Dordrecht-Boston-London, D. Reidel.
McLuhan Marshall (1964), Understanding Media: The Extensions of Man, New York, McGraw-Hill. 
Montani Pietro (2007), Bioestetica. Senso comune, tecnica e arte nell’età della globalizzazione, Roma, Carocci. 
Montani Pietro (2014), Tecnologie della sensibilità. Estetica e immaginazione interattiva, Milano, Raffaello Cortina. 
Morton Timoty (2018), Hyperobjets. Philosophie et écologie après la fin du monde, Saint Étienne, Cité du design. 
Parikka Jussi (2015), A Geology of Media, Minneapolis, University of Minnesota Press. 
Postman Neil (1979), Teaching as a Conservative Activity, New York, Delacorte Press. 
Rust Stephen, Salma Monani & Sean Cubitt (eds.) (2012), Ecocinema Theory and Practice, London, Routledge. 
Rust Stephen, Salma Monani & Sean Cubitt (eds.) (2015), Ecomedia: Key Issues, London, Routledge. 
Simondon Gilbert (1964). L’individu et sa genèse physico-biologique, Paris, Presses Universitaires de France. 
Varela Francisco J., Evan Thompson & Eleanor Rosch (1991), The Embodied Mind: Cognitive Science and Human Experience, Cambridge (MA), The MIT Press. 
Wu Ming 1 (2021), La Q di Qomplotto. Come le fantasie di complotto difendono il sistema, Roma, Alegre.

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